Non auguro a nessuno… oppure si? Oppure glielo auguro? – di provare paura, ansia, quanta ne ho io adesso – dico non so… potrei anche augurarlo perché così un po’ di gente capirebbe cosa significa. Che le parole “dai tirati su” “non puoi mica fare così” “datti una mossa” e tutte queste altre belle figate non valgono niente… se hai la somma: ho paura perché faccio schifo, allora ancora di più.
Non affermo che non ne si possa uscire. Ma se non senti questa sensazione, se la tua mente non ha questa malattia che proietta orrore dove ancora non c’è scritto nulla e te lo mostra come ineluttabile (questo si, il bicchiere mezzo vuoto) senza ombra di dubbio… allora non puoi capire. Oppure per capire davvero devi fermarti, dire “voglio capire” e quando hai capito allora non spari più quelle cagate tipo “eh ma non devi”. Che grazialcazzo lo so anche io che non devo. Eppure mi batte il cuore in un modo che sono certo il mio fisico tra 30 anni ringrazierà con un bell’infarto o qualche altra roba. Non è che adesso lo guardo e gli dico “calmati” o che la mia respirazione lenta-e-pesante (che invece credo sia respiri brevi ed apnea) risolverà tutto e che un bell'”ohmmmm” mi farà calmare la mente.
Ogni cosa mi terrorizza. Ogni cosa positiva non è più divertente… ogni interesse è una perdita di tempo e ogni cosa che vorrei fare è sempre quella sbagliata e mentre la faccio la mia mente mi dice che sarebbe meglio e più produttivo per il mio comunque merdoso futuro – farne un’altra. Non c’è tregua. Un po’ di tempo fa bastava rifugiarsi nel dormire… era una fuga, ma funzionava. Non più. Ora comunque la mia mente vaga tra terrori vari, pensieri ossessivi inutili e barbosi, problemi irrisolvibili (o ritenuti tali nel pensiero che mi si forma e si ripete ossessivamente) rovinando anche il riposo che sia anticipato, che sia rubato la mattina. Quasi solo alcuni quarti d’ora in macchina prima o dopo qualcosa … quelli hanno la parvenza del trasporto del sonno vero.
Questa paura è una merda gigante! Uno schifo assurdo. Giuro che invidio i palloni gonfiati, pieni di sé anche se non sono nulla, che non si accorgono di fare schifo, che comunque sono fighissimi anche se fanno schifo, che hanno sempre il petto in fuori: io li invidio perché quel loro atteggiamento forse farà stare male migliaia di persone, ma loro non stanno male (“ma si sentono meglio” cit.). E sto così male che inizio a considerare quelle persone davvero migliori di me. Dal punto di vista dell’evoluzione sicuramente.
‘Scolta me che sta roba la conosco come le mie mutande. Prima cosa non muori. Tranquillo, io sto ancora qui da quel dì. Secondo, ricordati sempre che passa, pensalo mentre stai male, che comunque passa. Terzo, non convertire la paura in rabbia, perchè la rabbia non sempre è possibile sfogarla. Il più delle volte deve essere trattenuta e quello fa ancora peggio, è come un circolo vizioso. Dovresti comprendere con chiarezza cosa c’è che non vuoi che sia come è in questo momento.
il problema è che a me “non muori”, in questo momento, non è che sia una cosa che piaccia tanto. Io per dirla tutta, in quanto portatore di PAURA (quindi codardo, vigliacco, cagasotto, pusillanime ecc ecc) semplicemente vorrei farla finita ma SENZA SOFFRIRE. Quello che mi darebbe una eccezionale forza per VIVERE è sapere di avere a disposizione questo tasto rosso di emergenza, perfettamente funzionante senza dubbi. Allora direi: e mo proviamo, facciamo, che me frega, tanto li c’è il tasto rosso e vaffanculo a tutti. Ecco, questo mi fa stare in pace, mentre ci penso.
Perché, per quanto io non consideri la vita un valore assoluto, non penso nemmeno assolutisticamente “la vita è una merda”. Assolutamente no.
Rabbia… no, non sono il tipo. O forse non me ne rendo conto. Magari a parole ti posso sembrare … ma quanta forza ci vuole a dir due parolacce? No no, non sono un violento. O come direbbero quelli grossi: te piacerebbe? – No, non risolve un cazzo. L’unica violenza che autorizzerei servirebbe a risolvere problemi sociali, nazionali, mondiali. Ma ovviamente non crei l’armonia con la violenza, quindi sarebbe una cacata.
Quindi insomma: mi fa un favore chi mi procura il metodo rapido-e-indolore-per-pusillanimi prontouso. A quel punto io prendo e vivo finché non me scojono. Poi se me scojono: click, shutdown. Fine.
Questo mi manca. Un punto fermo sulla disperazione.
Quello che non voglio che sia com’è in questo momento è utopia.
Paura paura paura. Futuro mio, futuro dei miei genitori, dei miei fratelli, della nazione e della civiltà.
Basta, sto sparando troppe cazzate. Grazie per la tua attenzione, però! 🙂
L’immagine del tasto rosso è quello che tutti gli ansiosi con tendenza alla depressione usano per salvarsi. (A chi soffre d’ansia spesso capitano anche periodi di depressione, pur non essendo malati di depressione, però è un casino capirlo). Il tasto rosso c’è, esiste, ma non ne parlerò certo io.
Ti dirò quello che io ho imparato dopo tanti anni: la paura è la virtù dei coraggiosi.
per qualche motivo ho due lacrimoni e mi viene da dirti grazie. Ma non so esattamente perché. Quindi comunque: grazie.
Però chi me ne parla del tasto rosso? I need it!
Non potrei mai farlo. Parlartene. L’impulso disperato verso la vita che in questo momento mi prende a calci me lo impedisce.
Il luogo comune più scemo che mi verrebbe di dirti è: segui sempre l’istinto e cerca di fare ed essere solo ciò che vuoi fare ed essere.
Ma è una stronzata a metà e me ne rendo conto.
Ricordati sempre sempre sempre che non sei il solo ad avere paura. Una paura fottuta e terribile.
Ti voglio bene. Con paura.
dev’essere vero, perché più d’uno – che stimo – mi cerca (poveretti) di dire questo, un pezzo qui e uno li … ma tu sai cosa vuol dire avere la nebbia nera nel cervello e il filo spinato attorno al cuore… così, d’ufficio. E alcuni giorni sparisce, così, senza motivo.
Però grazie 🙂
Io però dell’interruttore avrei bisogno. Mica devo premerlo. Voglio sapere che POSSO senza alcun dubbio d’efficacia, disponibilità, velocità, farlo. Allora credo che andrei in scioltezza … sai come si dice… vivi come se questo tuo giorno fosse l’ultimo… beh, se posso esserne certo è un’altra cosa.
arigrazie
Il “tasto rosso” ce l’hai sotto mano. Quello che io chiamavo “uscita d’emergenza”. Ti do ragione, il solo sapere che c’è ti aiuta a cercare un modo per uscirne perchè “tanto mal che vada ho questo come ultima spiaggia”.
Non so quanto sia moralmente giusto dirtelo, tuttavia a me fu a mia volta detto da un tale che in fatto di suicidio aveva una certa esperienza, e il fatto di SAPERE non ha avuto particolari conseguenze negative su di me…
e dov’è? ndostà? io mica parlo del ponte o delle lamette eh? io sono un cagasotto!!!
Niente ponte niente lamette niente treni, rileggiti i tuoi post più recenti e troverai la risposta….
il decotto di ontano? sicurissimi? io non so come si fa!
spet, il decotto di oleandro intendevo (l’ontano non fa una ceppa!!!)
Sono contenta di aver letto le parole di tilladurieux, so che sono le parole giuste.
Ci aggiungo le mie quattro di ansiosa patologica che è appena uscita da un tremendo periodo di depressione. (Aiutata: non da farmaci, non ne ho mai presi, ma da uno che è un buon terapeuta e una brava persona.)
La paura mangia l’anima: oltre ad essere il titolo di un film di Fassbinder è la pura verità dell’esistenza.
Io non ho paura quando amo. E’ l’amore il più potente antidoto alla paura.
Però per amare, amare davvero, bisogna essere connessi: agli altri, all’universo.
Il che ottengo solo quando riesco ad invertire il processo di proiezione e parcellizzazione di me stessa, spogliare la realtà dei miei miraggi illusori e delle mie aspettative sublimi, della mia necessità di controllo su tutto, del senso di potere che è responsabile allo stesso tempo di sindromi di onnipotenza e di drammatici sensi di incertezza e inadeguatezza, e ad accettarmi così come sono: coi miei vissuti dolorosi, i miei limiti, con la consapevolezza della mia solitudine di essere umano tra gli esseri umani. E’ straziante, all’inizio, rientrare in se stessi, fa un male cane come un parto a rovescio, ma è l’unica via per mollare zavorra e riuscire ad acquistare densità, contorni, punti di riferimento autentici su cui contare, capacità positiva di relazione con gli altri individui. A quel punto i sentimenti accolgono le emozioni, le inglobano, le accolgono. E la paura perde i suoi connotati distruttivi per divenire tenera consapevolezza della mortalità, dolce abbandono al mare dell’esistenza. E si comincia, piano piano, a vivere. Almeno, a me sta capitando così 🙂
io però non so come diavolo fare 😦 ho 3000 problemi,ma la mera necessità di sopravvivere facendo qualcosa (ovvero leggi “essere utili”) è ciò che mi sembra sia un cruccio trapanante … cancella ogni cosa… e non risolvo quella né il resto che trascuro.
E l’amore… ne ho un bisogno fottuto ma non piove dal cielo.
Inoltre dobbiamo ricordarci questo: le persone che non valgono un cazzo e non servono a niente esistono. Hanno preparato la loro nullità o inutile mediocrità con tutti i giorni precedenti: sono uno di loro. Spesso non esserne consapevoli è una grande risorsa di alcuni ottimisti … e li invidio. Ma alla fine dico: ti sbagli: semplicemente loro valgono qualcosa, quello che serve.
gne gne bla bla, solita cosa. Ci ricasco continuamente.
Grazie fanciulle, grazie di cuore, so che sapete cosa significa.
Scusa se insisto (è l’entusiasmo della Samaritana, che aveva incontrato Cristo e voleva raccontare la meraviglia che aveva provato a tutti): finché l’amore è un bisogno si sta male. E dal cielo, ogni tanto, piove pure, oh, sì, qualcosa che lì per lì sembra amore e poi invece si rivela un fottuto casino. Bisogna riuscire ad invertire il flusso della faccenda: non da “fuori” a “dentro, ma da “dentro” a “fuori”.
Come si fa?
Boh, io un anno fa – a parte il problema della sopravvivenza, che non avevo (e allora grazie al cazzo, mi dirai tu) – di problemi ne avevo, non 3.000, forse 3 o 30, ma erano quelli essenziali: aprire gli occhi al mattino e vedere tutto nero, darsi un motivo per alzarsi dal letto, vedere svuotato di senso ogni gesto, ogni evento, ogni interazione con qualsiasi essere umano, figli compresi. Ero giunta a fare come insegnano agli aspiranti suicidi: compilavo liste di motivazioni basiche per campare, che in certi giorni non andavano più al di là di: “il gusto della cassata e il nocciolato della gelateria sotto l’ufficio”. In un anno, a parte gli incontri settimanali col mio terapeuta, non è che abbia cambiato la mia vita in modo sostanziale; ho solo fatto uno sforzo di rimettere i piedi per terra, e di rimettere me stessa al centro della scena della mia vita. Per dire, io lavoro da ventiquattro anni in un’amministrazione regionale che è piena di persone che non valgono un cazzo (e non sono una di loro come, fidati, neanche tu sei), persone meschine, scisse, involucri vuoti genuflessi al potere di piccoli ras de provincia peggio de loro, e devo interagirci per forza. Per anni ho vissuto in apnea questa situazione, soffrendola e patendola. Un anno fa ho cominciato a darmi il diritto di pensare di licenziarmi e di trovarmi altro da fare. Non l’ho ancora fatto, le contingenze economiche sono avverse. Ma il solo pensare di averlo come obiettivo, come orizzonte, mi ha ridato forza. Nel frattempo, essendomi sganciata mentalmente, ho risolto economizzando le risorse interiori: perché mi devo far toccare dai loro comportamenti iniqui? Quando posso mi sottraggo (sono operativa per mia dignità personale e basta: senza più scrupoli o sensi di colpa se mi va piglio ferie, mi impongo di non intervenire ogni volta che qualcuno ha un problema lavorativo che io saprei risolvere ma non mi compete, mi mordo la lingua e tengo a freno le mani quando trovo soluzioni ai problemi prima dei miei superiori perché non mi spetta fare la salvatrice della patria e mi faccio salutari bagni di umiltà), quando mi puntano mi difendo con calma e serenità, nel resto del tempo mi sento misericordiosa e ben disposta, e se capita ci vado pure a pigliare un caffè. Perché mi sono liberata dalla dinamica con loro, le loro miserie non mi toccano più, non le lascio passare: mi piglio, invece, i brevi istanti di riposo dalla loro infelice condizione: i loro sorrisi inconsapevoli, un momento di allegra fanciullezza, quando si prendono una vacanza da loro stessi e dalle crepe della loro corazza esce a tradimento un granello di polvere di una loro residua umanità… E non li giudico più, anzi, mi fanno tenerezza, così smarriti e piccoli che sono. Siccome oggi mi voglio bene, e mi sono fortificata nella mia indipendenza emotiva, e aspiro con le unghie e coi denti al mio proprio benessere, otto volte su dieci mi riesce. E così mi comporto in tutti gli altri ambiti, in famiglia, coi pochi amici che ho. Non è che abbia risolto l’esistenza, ma non c’è paragone con il pozzo nero in cui ero caduta un anno fa, e annaspavo disperata per non essere inghiottita definitivamente… In definitiva direi che se ne esce, un passo di formica alla volta, quando si comincia a pensare che la semplicità, nell’esistenza, sia un valore importante quanto e più della complessità, che nessun attimo di vita è scontato, e si può perdere in ogni istante. Capisco che suoni alquanto banale, ma è qualcosa che non si può apprezzare con la mente, se ne può solo fare esperienza nella pelle: io è così che ne sono uscita (almeno per stavolta!)…
ti invidio molto 🙂
(PS: “essere utili”: Diomio, quanto capisco questa cosa. Io sono stata concepita e generata per “essere utile”: mi si è passato il messaggio che non avevo diritto ad un’esistenza indipendentemente da questo. Beh, ora so che non è vero. Che io e te e tutti non dobbiamo essere utili ad un cazzo. Che non dobbiamo fare sfoggi di intelligenza o di competenza perché gli altri ci gratifichino di sguardi benevolenti. Che abbiamo il diritto di esistere, e di essere amati, per il solo fatto che siamo al mondo: e che tutto il resto è un surplus, rispetto a questa essenziale verità.)
dentro di me so che questo è vero, lo è PER ME (ecco l’unico senso in cui sento sia vero dire che “la vita è un valore assoluto” – tutto qui, per il resto no grazie) … il punto è che nessuno ti paga per esistere… e la natura ha questa maledetta regola… che bisogna mangiare, avere riparo, curarsi, ecc ecc … e da borghese come sono nato, andare verso la mera sopravvivenza di sussistenza mi risulta difficile…
Però ti ringrazio, sia tu che tilla… è evidente che in questo stato schifoso c’è altra gente. Spero non troppa.